domenica 19 febbraio 2012

Commento a: "Il reverendo" di V. Andreoli


Commento a: "Il Reverendo" di V. Andreoli
di fr. Angelo Tricomi.


Nella ricerca di un libro da leggere mi sono imbattuto, casualmente, in un romanzo sconosciuto. Mi ha colpito la sua copertina che recava l’immagine di un muro bianco con uno spioncino da dove passava una corda cui era legata una campana in alto a destra. Leggo e trovo il nome dell’autore, V. Andreoli; non mi suscita nessuna sensazione perché è a me ignoto, poi leggo il titolo del libro, “Il Reverendo”. Incuriosito dal titolo, leggo la trama posta sul retro della copertina. Narra della storia di Pëtr, monaco - sacerdote, ortodosso - russo, e di Anna, una ragazza studentessa, suora carmelitana scalza. Ho deciso di acquistarlo.
La lettura del libro si è rivelata interessante, è scritto con magistrale arte in un italiano elegante e scorrevole.
L’intento dell’autore è quello di porre questioni, soprattutto di carattere religioso, inerenti l’amore umano, tra uomo e donna, in particolare tra un sacerdote e una monaca, che desiderano arrivare a Dio attraverso l’amore anche passionale. A questo punto, l’autore affronta la questione di Dio e il percorso “fuori dalla ragione” per affermarlo o negarlo nella propria esistenza. In particolare, quest’ultimo percorso, costituisce il tema e anima del racconto.
Il racconto ruota attorno a questi due personaggi che per motivi diversi, si trovano entrambi, a fare la scelta della vita conventuale. L’incontro dei due presso la facoltà, ove Pëtr è chiamato ad insegnare, sconvolge le loro vite, infatti si innamorano e lasciano la vita conventuale per vivere la relazione di coppia. In questa fase, l’autore avvalendosi della sua conoscenza di iconografia russa, e soprattutto, avanzando la problematica del matrimonio dei sacerdoti cattolici che, con la sospensione a divinis sono considerati anatema, dal diritto ecclesiale cattolico, riesce ad entrare nel vivo della loro questione, quasi vivendo in prima persona il loro dramma.
La trama si fa interessante con le riflessioni introspettive di entrambi i personaggi per affrontare le problematiche esistenziali di coppia che i due si trovano a vivere. I problemi vertono sul binomio potere-paura, il matrimonio, la paternità, la maternità, ma in entrambi rimane di fondo, quel desiderio di ricerca di verità e della sete di Dio che li porterà a fondare un monastero.
Il primo problema affrontato dell’autore è il binomio potere-paura. Ognuno di noi può verificarlo nella propria vita. Riferendosi al problema atavico di ogni forma di anarchia che accresce il suo potere incutendo timore verso gli altri, e il timore delle persone più deboli aumenta il potere dei più scaltri. In questo sistema, l’autore, non esclude nessuna entità sociale, dalla politica alla ecclesiale. Inoltre, altra fonte di paura, secondo l’autore, è dato dal rispetto tra due parti, e ne da spiegazione a pg. 70. Trattando questo argomento, certamente interessante, a mio avviso, l’autore lo carica di eccessivo e tragico realismo, senza trasmettere a chi legge un minimo di possibilità risolutiva verso la speranza.
Mentre nell’ultimo problema che tratta, cioè il desiderio di ricerca di verità e della sete di Dio che l’uomo avverte, il discorso si fa interessante e a tratti anche affascinante, per le teorie e le ipotesi, avanzate dall’autore, come se stesse per partorire una nuova teologia, creando una nuova rivelazione di Dio, una nuova concezione della chiesa, dei santi, e perfino abbozza alla creazione di una nuova Apocalisse. Tutto ciò è messo in risalto dai due personaggi che, malgrado l’amore
carnale che li coinvolge, in loro non si è spenta né la fede né il desiderio di incontrare Dio. Per fare ciò quale ambientazione migliore potrebbe essere se non la terra umbra, e in particolare i luoghi ove ha vissuto San Francesco?
Partendo dal concetto filosofico essere e apparire, l’uomo nella ricerca di Dio, l’autore esorta a non fermarsi all’apparenza ma bisogna cogliere il senso delle cose, della vita, di Dio, fino a formulare un percorso della ricerca di Dio “fuori dalla ragione”. Tale pensiero si rivelerà fatale per i due sfortunati, che cercheranno sostegno e supporto nel “il monastero che non c’è”, luogo isolato dal resto del mondo, per la ricerca del “dio che non c’è” e che porterà i due protagonisti, a fare delle severe considerazioni sulla società e su sé stessi e a mettere in discussione il potere temporale della chiesa; tutto questo è l’epilogo che li condurrà alla follia.
Questo libro, che ho letto con interesse, mi ha preso, subito, sia per le problematiche già esposte, sia per la peculiarità di un amore proibito dalla chiesa e per le nuove supposizioni avanzate riguardo i nuovi aspetti della ricerca di Dio. Mi ha meravigliato, il modo con cui l’autore del libro, ha fatto evolvere le conclusioni, quasi a voler affermare e avvertire che, chiunque, provi a cercare nuove vie per trovare di Dio, rischia di finire i suoi giorni in un manicomio. Inoltre con tale conclusione, non togliendo nulla alla eccellente opera letteraria, credo che l’autore, vanifichi ogni possibilità di speranza per coloro che, vittime di una legge fatta dal potere, non hanno alternative a realizzare la propria esistenza perché, il rispetto per loro, è fatto di timore, anzi a questo punto, credo che in maniera subdola, l’autore incentiva il potere a delle azioni di soppressione di tali soggetti come Pëtr e Anna, come i drogati, i poveri, come i lavoratori, ecc… e tutto ciò che è diverso dagli schemi consensuali.


Nessun commento:

Posta un commento