giovedì 20 giugno 2013

Pensieri: La saggezza dei banchi vuoti

Pensieri: La saggezza dei banchi vuoti: Da qualche giorno è scoppiata l’estate. Qui in convento, collocato a metà fiancata del Monte finestra, si sta bene. La città di Cava de...

La saggezza dei banchi vuoti



Da qualche giorno è scoppiata l’estate. Qui in convento, collocato a metà fiancata del Monte finestra, si sta bene. La città di Cava de’ Tirreni sta sotto di noi e da qui si gode un bel panorama oltre alla brezza di vento che rinfresca l’aria. Le persone che vengono dicono che giù in città l’aria è irrespirabile e che qui ci si può rilassare e godere della frescura della montagna. Infatti, se sotto di noi si può ammirare il panorama della città, con a Sud il mare e a Nord Napoli, sopra di noi si estende una lussureggiante selva che ricopre tutta la cima del monte ed emana la sua frescura.
È domenica: la porta della chiesetta è aperta, pronta ad accogliere i fedeli in cerca di conforto dal caldo e dai peccati. Nella chiesetta, dedicata alla Madonna degli Angeli, l’afa estiva non riesce a far brezza. Preparo per la celebrazione della messa e resto in attesa del sacerdote, il suo ritardo sarà certamente dovuto allo studio e alle ultime revisioni dell’omelia o della predica che ha preparato con cura e sottigliezza di parole e adesso è pronto a trasmettere, ai partecipanti, il senso della Parola di Dio che sarà a breve proclamata.
L’attesa, mi riporta alla mente le celebrazioni eucaristiche dei giorni invernali e feriali. Oltre al presidente della celebrazione, vi sono uno o due sacerdoti che concelebrano, a seconda della loro disponibilità e sono in attesa del tocco di richiamo della campana. Nell’attesa, un confratello mi chiede se la “Callas” è arrivata, io sbircio tra i banchi vuoti e poi riferisco che non è ancora arrivata e lo conforto dicendo che se la “Callas” non arriverà non ci sono problemi perché c’è “Pavarotti” che può animare la messa.
Con il nomignolo di “Callas” viene indicata un’anziana donna, consacrata, che quasi tutte le mattine è presente ed anima la messa intonando i canti con la sua vocina delicata e acuta. Quando lei non è presente, tale incarico lo assume uno dei sacerdoti che intona i canti con il suo vocione da trombetta sfiatata, cercando di dare così un tono ad una celebrazione smorta, o raccolta e intima. Se per puro caso, entrambi sono assenti, allora il rito della messa procede lineare e senza stonature.
Più che animare la messa credo sia necessario rianimarla perché oggi, quasi tutte le chiese sono vuote.
Come per misterioso incanto o per magia, quando mi viene detto di suonare la campanella, i sacerdoti entrano per dare inizio alla celebrazione, ma allo stesso tempo, dalla porta d’ingresso, entra un piccolo gruppo di donne anziane che mestamente e silenziosamente entrano e vanno ad occupare i soliti posti tra i banchi. Adesso si può iniziare. Fino a quel momento, i banchi erano vuoti e solo in piccola parte sono occupati, infatti i fedeli che vi partecipano non superano mai il numero di 15. Solo in caso particolare di trigesimo o anniversario si supera questa cifra. I giorni feriali non ci sono prediche, ma la cosa che mi colpisce è che la chiesa è quasi sempre semi vuota: sarà forse colpa dell’ora mattiniera della celebrazione?
Adesso tutto è pronto, si sente il rintocco della campana del convento che segna le ore 11,00, il sacerdote, con il capo, mi fa cenno e io suono la campanella, mentre un piccolo gruppo di fedeli, a cappella, intona il canto d’ingresso. Anche la domenica non c’è molta gente che partecipa alla messa. Sono finiti i tempi in cui le persone si accalcavano tra i banchi per trovare posto. Il sacerdote inizia, col segno della croce, la celebrazione eucaristica e prosegue fino alla lettura del Vangelo ed inizia la sua omelia, incurante della scarsa presenza di fedeli. Usa parole ricercate per esprimere concetti di alto profilo spirituale. Spesso, il sacerdote, cambia tono di voce per evitare di annoiare l’anziana donna o il bambino assonnato tra le braccia di una giovane madre. La sua omelia ha superato i tempi canonici di sette dieci minuti. Il sacerdote, mentre parla infervorato dei misteri di Dio, prende il fazzoletto dalla tasca dei pantaloni e si asciuga la fronte imperlata di sudore, mentre non da tregua alle parole che continuano a scorrere come un torrente. Io, alzo la testa e guardo verso la scarna assemblea che adesso stenta a seguire i concetti e le parole del sacerdote e mi domando: è forse per questo il motivo dei banchi vuoti?
Ancora non appagato delle sue parole, il sacerdote, impugna un libro ed esorta alla lettura quotidiana di un autore che, occasionalmente, ha scritto qualcosa inerente il tema della giornata. L’anziana donna, sgrana gli occhi, sorpresa per quella esortazione. Starà pensando ai servizi che l’aspettano e che le occuperanno tutta la giornata, e forse, starà recitando il miserere per chiedere perdono per la colpa di non poter leggere quel libro; anche il bambino, solleva il capo dal petto della madre e fissa il sacerdote che foglia il libro: pensa certamente ai suoi libri scolastici da sfogliare e dal suo sguardo si capisce che non ha nessuna voglia di prendere un altro libro da studiare ma vuole soltanto giocare. L’omelia ha superato i 20 minuti. Il sacerdote, sempre più sudato, ancora dibatte fervidamente gli ultimi concetti teologici, mentre la giovane madre abbassa il volto e porta la mano alla bocca, sta cercando di non farsi vedere mentre sta sbadigliando,poi guarda l’orologio. È tardi si starà dicendo e deve andare a casa dove è attesa dal marito che ha fame e lei deve ancora preparare qualcosa da mangiare.
Nel volto delle persone si leggono alcune domande: ma il sacerdote, quando finisce di parlare? Mentre io penso che sono meglio le celebrazioni della messa feriale, non ci sono omelia da tenere o concetti di alchimia da meditare. Ma quale corrispondenza c’è tra le parole e la carità, o forse sono solo parole sterili come quelle dei Farisei?
Una volta ho avuto l’ardire di chiedere il perché le sue omelie duravano più di quelle che il Papa pronunzia a San Pietro e mi fu risposto che: visto che i fedeli non frequentano più la chiesa, bisogna approfittare della loro presenza per formarli e catechizzarli. A quella risposta mi venne spontaneo ribattere che bisogna catechizzare quelli che non vengono nemmeno la domenica a messa e non mortificare con le nostre parole quei pochi che ancora, chissà fino a quando, vengono a messa.
La messa prosegue, adesso il canto si fa stanco e più veloce. Il coro improvvisato, vista la clandestinità, oramai perpetua, del coro ufficiale della chiesa. È tardi e bisogna andare a cucinare. Tutto adesso procede con un ritmo più celere, mentre i pochi bambini presenti cominciano ad essere irrequieti. Ci si domanda: chissà perché si corre? Ma non c’è nulla da spiegare. I fedeli sanno discernere con saggezza e gli eventi non si susseguono a caso. Ogni cosa trova il suo equilibrio.
È un altro giorno e come sempre preparo la credenza per la celebrazione della messa e cerco di prepararmi spiritualmente per vivere un’altra celebrazione eucaristica. Ogni tanto, alzo lo sguardo, contemplo i banchi della chiesa ancora vuoti e un pensiero si fa strada: mi pare che ci sia più saggezza in quei vecchi banchi vuoti che nelle innumerevoli parole di tante prediche.
                                                   
                                                                                                            fr. Angelo Tricomi