martedì 28 febbraio 2012

Poesia: La Gelosia



La Gelosia
fr. Angelo Tricomi

In amor vi è un limite
che nell’animo produce gemiti,
è necessaria la sua moderazione,
che può distruggere la relazione.

Paura di perdere l’amato/a è la sua motivazione,
minando alla radice il fondamento dell’unione.
Ti tiene sempre in uno stato allarmante,
teso a individuare un rivale incombente.

Allo stato patologico ha motivazioni diverse,
incapacità di persone amanti solo di se stesse.
Talvolta determinata da esperienze infantili,
per la paura di soffrire abbandoni vili.

Se poi la sindrome è delirante,
confusione mentale, realtà sconvolgente.
E, se in cuore impulsi covi al tradire,
il tuo amato/a smetti di perseguitare.

Essa è comportamento anormale,
ma lo è anche se viene a mancare.
E se nell’intimità scema la corte,
probabilmente l’amore si è spostato da un’altra parte.

Gelosia, meccanismo di difesa che va moderato,
soprattutto, dovrà esser chiarito e spiegato.

Poesia: Allo specchio


Allo specchio
fr. Angelo Tricomi

Banale e…
fugace sguardo
gettato allo specchio.
Vedo un volto solcato…
che proietta il mio pensiero
nel sacrario remoto del passato.
Vi scorgo molti solchi,
ma tutti son di dolore,
che hanno ridisegnato
i lineamenti di un volto maturato.
Nessun solco di gioia
vi è rimasto impresso: penso…
Dolore e sofferenza
hanno reso ricca e fiorente
la mia vita.

sabato 25 febbraio 2012

Fioretti di s. Francesco, cap. VII - Quaresima



Capitolo VII (FF 1835)
Come santo Francesco fece una Quaresima in una isola del lago di Perugia, dove digiunò quaranta dì e quaranta notti e non mangiò più che un mezzo pane.
Il verace servo di Cristo santo Francesco, però che in certe cose fu quasi un altro Cristo, dato al mondo per salute della gente, Iddio Padre il volle fare in molti atti conforme e simile al suo figliuolo Gesù Cristo, siccome ci dimostra nel venerabile collegio de' dodici compagni e nel mirabile misterio delle sacrate Istimmate e nel continuato digiuno della santa Quaresima, la qual'egli si fece in questo modo.
Essendo una volta santo Francesco il dì del carnasciale allato al lago di Perugia, in casa d'un suo divoto col quale era la notte albergato fu ispirato da Dio ch'egli andasse a fare quella Quaresima in una isola del lago. Di che santo Francesco pregò questo suo divoto, che per amor di Cristo lo portasse colla sua navicella in una isola del lago dove non abitasse persona, e questo facesse la notte del dì della Cenere, sì che persona non se ne avvedesse. E costui, per l'amore della grande divozione ch'aveva a santo Francesco, sollecitamente adempiette il suo priego e portollo alla detta isola; e santo Francesco non portò seco se non due panetti. Ed essendo giunto nell'isola, e l'amico partendosi per tornare a casa, santo Francesco il pregò caramente che non rivelasse a persona come fosse ivi, ed egli non venisse per lui se non il Giovedì santo. E così si partì colui, e santo Francesco rimase solo.
E non essendovi nessuna abitazione nella quale si potesse riducere, entrò in una siepe molto folta, la quale molti pruni e arbuscelli aveano acconcio a modo d'uno covacciolo ovvero d'una capannetta, e in questo cotale luogo si puose in orazione e a contemplare le cose celestiali. E ivi stette tutta la Quaresima senza mangiare e senza bere, altro che la metà d'un di quelli panetti, secondo che trovò il suo divoto il Giovedì santo, quando tornò a lui; il quale trovò di due panetti uno intero e mezzo, e l'altro mezzo si crede che santo Francesco mangiasse per reverenza del digiuno di Cristo benedetto, il quale digiunò quaranta dì e quaranta notti senza pigliare nessuno cibo materiale. E così con quel mezzo pane cacciò da sé il veleno della vanagloria, e ad esempio di Cristo digiunò quaranta di e quaranta notti.
Poi in quello luogo, ove santo Francesco avea fatta così maravigliosa astinenza, fece Iddio molti miracoli per li suoi meriti; per la qual cosa cominciarono gli uomini a edificarvi delle case e abitarvi; e in poco tempo si fece un castello buono e grande, ed èvvi il luogo de' frati, che si chiama il luogo dell'Isola; e ancora gli uomini e le donne di quello castello hanno grande reverenza e devozione in quello luogo dove santo Francesco fece la detta Quaresima. A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen.

Commento di fr. Angelo Tricomi
Dopo il breve ciclo del primo compagno di Francesco, frate Bernardo, l’autore dei fioretti ritorna al motivo iniziale, cioè la conformità di vita di Francesco a Cristo. Adesso l’attenzione narrativa ricade su Francesco. Nelle fonti manca qualsiasi dato che permetta di focalizzare l’evento in una data specifica, ma vi sono degli accenni sia nella Vita prima n. 60 di Tommaso da Celano, sia nel Trattato dei miracoli, 30, ove si parla della dimora di san Francesco in un’isola del lago Trasimeno.
In questo brano, l’autore, ci vuol narrare del digiuno che Francesco fece per essere conforme a Cristo. Francesco trovandosi presso la dimora di un devoto, vicino il lago Trasimeno, nel giorno del martedì grasso o carnevale, ebbe il desiderio di recarsi su di un’isola deserta del lago per trascorrervi la santa Quaresima. Francesco pregò il suo amico che lo accompagnasse sull’isola con la sua barca.
In numerosi popoli dell’antichità si paragonava il cielo ad un oceano, pertanto compariva una barca celeste, su cui viaggiavano gli dei. Gli egiziani desideravano, dopo la morte, di viaggiare nella barca del dio sole Ra, per vincere la notte della morte. Per i greci e i romani la navigazione della vita era un concetto familiare; l’ultima parte del viaggio si compiva nella barca ove vi era come nocchiero Caronte. Nell’AT vi è l’arca di Noè, mezzo di salvezza dal diluvio (Gn 6,14), e nel NT ha importanza la barca di Pietro, simbolo della chiesa (Mt 8,23-27; 14,24-34).
Quindi, si può affermare che, Francesco, si stava apprestando a compiere qualcosa di importante, una Quaresima alla maniera di Gesù; ma per non montare in superbia, porta con se due pani.
Il lago, similmente al mare avvolto nell’oscurità, è espressione simbolica del mondo caotico, non ancora ordinato che aspetta la parola creatrice di Dio. In esso la vita e la morte sembrano indivise. Nei Padri della Chiesa il mare, in quanto profondità oscura, abisso, è associato al regno del diavolo e dei demoni.
Francesco, per attraversare gli abissi del lago, si serve della barca, simbolo della Chiesa ed iniziare il suo passaggio dalla Quaresima alla Pasqua.
Con il termine Quaresima si vuole indicare il periodo dell’anno liturgico che prepara la celebrazione del mistero pasquale: morte, sepoltura e risurrezione del Signore Gesù Cristo. Questo periodo consta di 40 giorni, da cui il nome Quaresima, in riferimento ai 40 giorni trascorsi da Gesù nel deserto in cui affrontò il digiuno e le tentazioni (Mt 4,2; Mc 1,12-13; Lc 4,213). La Chiesa, cogliendo la tipologia biblica della Quaresima, ha voluto inserire in questo periodo il cammino penitenziale dei cristiani nel piano divino della salvezza.
Il riferimento ai 40 giorni, trova vari richiami nella Bibbia; Mosè rimase 40 giorni sul monte Sinai a contatto con la “gloria del Signore” (Es 24,12-18); il gigante Golia sfidò per 40 giorni il popolo di Israele, dopo i quali fu ucciso da Davide (1 Sam 17,16-41); il profeta Elia camminò nel deserto per 40 giorni fino al monte di Dio, l’Horeb (1 Re 19,8-14); il Signore Gesù iniziò l’attività messianica rimanendo 40 giorni nel deserto.
Francesco, giunto sull’isola, trova rifugio tra la selva, dove si mise in preghiera. In quel periodo, mangiò solamente la metà di un pane, e non toccò acqua. Mangiando quel mezzo pane, Francesco volle cacciare la vanagloria, per riverenza a Gesù che non toccò nessun alimento.
Infine, l’autore, mette in evidenza il fatto che i luoghi ove fosse passato un uomo di Dio, diventassero luoghi benedetti, in cui Dio compie miracoli e vengono ricercati da altre persone, abitando in essi, nutrendo riverenza e devozione per i frati.

venerdì 24 febbraio 2012

Donne sole


Donne sole
Fr. Angelo Tricomi

Tranquille e calde serate
innanzi all’uscio delle proprie porte
donne anziane discutono sedute
ricordi di una gioventù perduta
teneri sorrisi di vita vissuta
scaramanzia e coraggio ad affrontar la propria vita.

Estate, stagione privilegiata
che colmi i vuoti di anziane donne sole,
con affetto di figli e il loro amore
per affrontar la solitudine dell’invernata.

Si potrà mai colmare il baratro del cuore
di donne vedove lasciate sole?

mercoledì 22 febbraio 2012

Quaresima

                          
                         Quaresima

Scopo della Q.      - preparare alla Pasqua.
Attualità della Q.   - è il corso di esercizi spirituali della durata di 40 giorni.
Pratiche della Q.   - preghiera (individuale e comunitaria); penitenza delle proprie
                               colpe; ascolto della Parola di Dio; esercizio della carità.
Duplice carattere    - Battesimale e penitenziale.
Colore liturgico       - Viola.
Messaggio della Q. - Conversione al Signore. Rimodellare la nostra mentalità fino a
                                 produrre la novità di vita.
Cosa fare?             - Entrare in noi stessi, riflettere sulla nostra persona, acquisire
                                una nozione chiara di quel che siamo, vogliamo e facciamo,
                                e a un certo momento... rompere qualche cosa di noi,
                                spezzare questo o quell'elemento che ci è caro e a cui
                                siamo abituati e incominciare di nuovo, facendo sorgere
                                in noi un po' di primavera, con una fioritura che sia garanzia
                                di frutti di vita rinnovata... (Paolo VI, 3.3.1965).

martedì 21 febbraio 2012

Il bucaneve

Il Bucaneve
fr. Angelo Tricomi

Il volto non più giovanile
disegnato da tenui solchi
come sculturea estatica
con un cuore plasmato
da dolorose cicatrici,
si rifiuta di aprirsi al calore
delle pulsazioni dell’amore,
è ibernato dal freddo invernale.

L’inverno col suo manto,
gelido e bianco,
copre la terra
nel suo abbraccio spettrale,
ogni cosa giace,
nel mistero estatico,
in apparente quiete mortale;
un cuore, affaticato e stanco,
batte ancora.

Delicati petali,
chiusi come punta di freccia,
con fervido coraggio
si scagliano verso il sole.
In un vortice di passione
granuli di neve cedono
In stille purificatrici,
dalle gote rosee,
come fontana zampillante
alleviando il respiro greve
per dar linfa al bucaneve
segno e realtà di nuove primavere.

domenica 19 febbraio 2012

Commento a: "Il reverendo" di V. Andreoli


Commento a: "Il Reverendo" di V. Andreoli
di fr. Angelo Tricomi.


Nella ricerca di un libro da leggere mi sono imbattuto, casualmente, in un romanzo sconosciuto. Mi ha colpito la sua copertina che recava l’immagine di un muro bianco con uno spioncino da dove passava una corda cui era legata una campana in alto a destra. Leggo e trovo il nome dell’autore, V. Andreoli; non mi suscita nessuna sensazione perché è a me ignoto, poi leggo il titolo del libro, “Il Reverendo”. Incuriosito dal titolo, leggo la trama posta sul retro della copertina. Narra della storia di Pëtr, monaco - sacerdote, ortodosso - russo, e di Anna, una ragazza studentessa, suora carmelitana scalza. Ho deciso di acquistarlo.
La lettura del libro si è rivelata interessante, è scritto con magistrale arte in un italiano elegante e scorrevole.
L’intento dell’autore è quello di porre questioni, soprattutto di carattere religioso, inerenti l’amore umano, tra uomo e donna, in particolare tra un sacerdote e una monaca, che desiderano arrivare a Dio attraverso l’amore anche passionale. A questo punto, l’autore affronta la questione di Dio e il percorso “fuori dalla ragione” per affermarlo o negarlo nella propria esistenza. In particolare, quest’ultimo percorso, costituisce il tema e anima del racconto.
Il racconto ruota attorno a questi due personaggi che per motivi diversi, si trovano entrambi, a fare la scelta della vita conventuale. L’incontro dei due presso la facoltà, ove Pëtr è chiamato ad insegnare, sconvolge le loro vite, infatti si innamorano e lasciano la vita conventuale per vivere la relazione di coppia. In questa fase, l’autore avvalendosi della sua conoscenza di iconografia russa, e soprattutto, avanzando la problematica del matrimonio dei sacerdoti cattolici che, con la sospensione a divinis sono considerati anatema, dal diritto ecclesiale cattolico, riesce ad entrare nel vivo della loro questione, quasi vivendo in prima persona il loro dramma.
La trama si fa interessante con le riflessioni introspettive di entrambi i personaggi per affrontare le problematiche esistenziali di coppia che i due si trovano a vivere. I problemi vertono sul binomio potere-paura, il matrimonio, la paternità, la maternità, ma in entrambi rimane di fondo, quel desiderio di ricerca di verità e della sete di Dio che li porterà a fondare un monastero.
Il primo problema affrontato dell’autore è il binomio potere-paura. Ognuno di noi può verificarlo nella propria vita. Riferendosi al problema atavico di ogni forma di anarchia che accresce il suo potere incutendo timore verso gli altri, e il timore delle persone più deboli aumenta il potere dei più scaltri. In questo sistema, l’autore, non esclude nessuna entità sociale, dalla politica alla ecclesiale. Inoltre, altra fonte di paura, secondo l’autore, è dato dal rispetto tra due parti, e ne da spiegazione a pg. 70. Trattando questo argomento, certamente interessante, a mio avviso, l’autore lo carica di eccessivo e tragico realismo, senza trasmettere a chi legge un minimo di possibilità risolutiva verso la speranza.
Mentre nell’ultimo problema che tratta, cioè il desiderio di ricerca di verità e della sete di Dio che l’uomo avverte, il discorso si fa interessante e a tratti anche affascinante, per le teorie e le ipotesi, avanzate dall’autore, come se stesse per partorire una nuova teologia, creando una nuova rivelazione di Dio, una nuova concezione della chiesa, dei santi, e perfino abbozza alla creazione di una nuova Apocalisse. Tutto ciò è messo in risalto dai due personaggi che, malgrado l’amore
carnale che li coinvolge, in loro non si è spenta né la fede né il desiderio di incontrare Dio. Per fare ciò quale ambientazione migliore potrebbe essere se non la terra umbra, e in particolare i luoghi ove ha vissuto San Francesco?
Partendo dal concetto filosofico essere e apparire, l’uomo nella ricerca di Dio, l’autore esorta a non fermarsi all’apparenza ma bisogna cogliere il senso delle cose, della vita, di Dio, fino a formulare un percorso della ricerca di Dio “fuori dalla ragione”. Tale pensiero si rivelerà fatale per i due sfortunati, che cercheranno sostegno e supporto nel “il monastero che non c’è”, luogo isolato dal resto del mondo, per la ricerca del “dio che non c’è” e che porterà i due protagonisti, a fare delle severe considerazioni sulla società e su sé stessi e a mettere in discussione il potere temporale della chiesa; tutto questo è l’epilogo che li condurrà alla follia.
Questo libro, che ho letto con interesse, mi ha preso, subito, sia per le problematiche già esposte, sia per la peculiarità di un amore proibito dalla chiesa e per le nuove supposizioni avanzate riguardo i nuovi aspetti della ricerca di Dio. Mi ha meravigliato, il modo con cui l’autore del libro, ha fatto evolvere le conclusioni, quasi a voler affermare e avvertire che, chiunque, provi a cercare nuove vie per trovare di Dio, rischia di finire i suoi giorni in un manicomio. Inoltre con tale conclusione, non togliendo nulla alla eccellente opera letteraria, credo che l’autore, vanifichi ogni possibilità di speranza per coloro che, vittime di una legge fatta dal potere, non hanno alternative a realizzare la propria esistenza perché, il rispetto per loro, è fatto di timore, anzi a questo punto, credo che in maniera subdola, l’autore incentiva il potere a delle azioni di soppressione di tali soggetti come Pëtr e Anna, come i drogati, i poveri, come i lavoratori, ecc… e tutto ciò che è diverso dagli schemi consensuali.


sabato 18 febbraio 2012

Saluto - La danza dei colori


Saluto tutti i visitatori dando una traccia di me attraverso una mia poesia.

La danza dei colori

Il raggio di luce ha i suoi colori
che il mio iride non riesce a separare.
Le tinte forti difficilmente mi traggono in inganno,
son le sfumature che mi procurano affanno.

Da infante, olio su tela era mia passione,
scoprirti come malanno fu una delusione.
L’arcobaleno mi ha sempre affascinato,
gioia del cuore, armonia del creato.

La danza dei colori tinge rosee le gote
ed io vedo rosso il colore della cute.
Luna romantica, gli innamorati fai sognare,
bianca, gialla, rossa, tu cambi di colore.

Il rosso del tramonto
col marrone lo confondo;
l’azzurro del profondo del mare,
viola ai miei occhi appare;
e i monti turchini
per me celesti son, che biricchini.
Che dire del verde paglierino
che spesso scambio col giallino?
Il bordò del melograno
lo identifico al marroncino.
Il blu notte spesso mi inganna
Lo vedo nero e gli occhi m’appanna.
I colori del semaforo so’ per convenzione,
in tutti i paesi hanno la stessa posizione.
Ed il giallo ocra colore dell’argilla,
verde rame appare al mio occhio che brilla.

Nel vestiario per non far confusione
di consuetudine indosso un abito e un cordone.
Ogni colore assume un suo significato,
a seconda le circostanze in cui viene utilizzato.

Vi sono altre sfumature
che rinuncio a menzionare,
son daltonico congenito, abbiate comprensione
se le tinte sbaglio nella descrizione.