venerdì 16 agosto 2013
giovedì 20 giugno 2013
Pensieri: La saggezza dei banchi vuoti
Pensieri: La saggezza dei banchi vuoti: Da qualche giorno è scoppiata l’estate. Qui in convento, collocato a metà fiancata del Monte finestra, si sta bene. La città di Cava de...
La saggezza dei banchi vuoti
Da
qualche giorno è scoppiata l’estate. Qui in convento, collocato a metà fiancata
del Monte finestra, si sta bene. La città di Cava de’ Tirreni sta sotto di noi
e da qui si gode un bel panorama oltre alla brezza di vento che rinfresca
l’aria. Le persone che vengono dicono che giù in città l’aria è irrespirabile e
che qui ci si può rilassare e godere della frescura della montagna. Infatti, se
sotto di noi si può ammirare il panorama della città, con a Sud il mare e a
Nord Napoli, sopra di noi si estende una lussureggiante selva che ricopre tutta
la cima del monte ed emana la sua frescura.
È
domenica: la porta della chiesetta è aperta, pronta ad accogliere i fedeli in
cerca di conforto dal caldo e dai peccati. Nella chiesetta, dedicata alla
Madonna degli Angeli, l’afa estiva non riesce a far brezza. Preparo per la
celebrazione della messa e resto in attesa del sacerdote, il suo ritardo sarà
certamente dovuto allo studio e alle ultime revisioni dell’omelia o della
predica che ha preparato con cura e sottigliezza di parole e adesso è pronto a
trasmettere, ai partecipanti, il senso della Parola di Dio che sarà a breve
proclamata.
L’attesa,
mi riporta alla mente le celebrazioni eucaristiche dei giorni invernali e feriali.
Oltre al presidente della celebrazione, vi sono uno o due sacerdoti che
concelebrano, a seconda della loro disponibilità e sono in attesa del tocco di
richiamo della campana. Nell’attesa, un confratello mi chiede se la “Callas” è
arrivata, io sbircio tra i banchi vuoti e poi riferisco che non è ancora
arrivata e lo conforto dicendo che se la “Callas” non arriverà non ci sono
problemi perché c’è “Pavarotti” che può animare la messa.
Con
il nomignolo di “Callas” viene indicata un’anziana donna, consacrata, che quasi
tutte le mattine è presente ed anima la messa intonando i canti con la sua
vocina delicata e acuta. Quando lei non è presente, tale incarico lo assume uno
dei sacerdoti che intona i canti con il suo vocione da trombetta sfiatata,
cercando di dare così un tono ad una celebrazione smorta, o raccolta e intima.
Se per puro caso, entrambi sono assenti, allora il rito della messa procede
lineare e senza stonature.
Più
che animare la messa credo sia necessario rianimarla perché oggi, quasi tutte
le chiese sono vuote.
Come per misterioso
incanto o per magia, quando mi viene detto di suonare la campanella, i sacerdoti
entrano per dare inizio alla celebrazione, ma allo stesso tempo, dalla porta
d’ingresso, entra un piccolo gruppo di donne anziane che mestamente e
silenziosamente entrano e vanno ad occupare i soliti posti tra i banchi. Adesso
si può iniziare. Fino a quel momento, i banchi erano vuoti e solo in piccola
parte sono occupati, infatti i fedeli che vi partecipano non superano mai il
numero di 15. Solo in caso particolare di trigesimo o anniversario si supera
questa cifra. I giorni feriali non ci sono prediche, ma la cosa che mi colpisce
è che la chiesa è quasi sempre semi vuota: sarà forse colpa dell’ora mattiniera
della celebrazione?
Adesso
tutto è pronto, si sente il rintocco della campana del convento che segna le
ore 11,00, il sacerdote, con il capo, mi fa cenno e io suono la campanella,
mentre un piccolo gruppo di fedeli, a cappella, intona il canto d’ingresso.
Anche la domenica non c’è molta gente che partecipa alla messa. Sono finiti i
tempi in cui le persone si accalcavano tra i banchi per trovare posto. Il
sacerdote inizia, col segno della croce, la celebrazione eucaristica e prosegue
fino alla lettura del Vangelo ed inizia la sua omelia, incurante della scarsa
presenza di fedeli. Usa parole ricercate per esprimere concetti di alto profilo
spirituale. Spesso, il sacerdote, cambia tono di voce per evitare di annoiare l’anziana
donna o il bambino assonnato tra le braccia di una giovane madre. La sua omelia
ha superato i tempi canonici di sette dieci minuti. Il sacerdote, mentre parla
infervorato dei misteri di Dio, prende il fazzoletto dalla tasca dei pantaloni
e si asciuga la fronte imperlata di sudore, mentre non da tregua alle parole
che continuano a scorrere come un torrente. Io, alzo la testa e guardo verso la
scarna assemblea che adesso stenta a seguire i concetti e le parole del
sacerdote e mi domando: è forse per questo il motivo dei banchi vuoti?
Ancora
non appagato delle sue parole, il sacerdote, impugna un libro ed esorta alla
lettura quotidiana di un autore che, occasionalmente, ha scritto qualcosa
inerente il tema della giornata. L’anziana donna, sgrana gli occhi, sorpresa
per quella esortazione. Starà pensando ai servizi che l’aspettano e che le
occuperanno tutta la giornata, e forse, starà recitando il miserere per
chiedere perdono per la colpa di non poter leggere quel libro; anche il
bambino, solleva il capo dal petto della madre e fissa il sacerdote che foglia
il libro: pensa certamente ai suoi libri scolastici da sfogliare e dal suo
sguardo si capisce che non ha nessuna voglia di prendere un altro libro da
studiare ma vuole soltanto giocare. L’omelia ha superato i 20 minuti. Il
sacerdote, sempre più sudato, ancora dibatte fervidamente gli ultimi concetti
teologici, mentre la giovane madre abbassa il volto e porta la mano alla bocca,
sta cercando di non farsi vedere mentre sta sbadigliando,poi guarda l’orologio.
È tardi si starà dicendo e deve andare a casa dove è attesa dal marito che ha
fame e lei deve ancora preparare qualcosa da mangiare.
Nel
volto delle persone si leggono alcune domande: ma il sacerdote, quando finisce
di parlare? Mentre io penso che sono meglio le celebrazioni della messa
feriale, non ci sono omelia da tenere o concetti di alchimia da meditare. Ma
quale corrispondenza c’è tra le parole e la carità, o forse sono solo parole
sterili come quelle dei Farisei?
Una
volta ho avuto l’ardire di chiedere il perché le sue omelie duravano più di
quelle che il Papa pronunzia a San Pietro e mi fu risposto che: visto che i
fedeli non frequentano più la chiesa, bisogna approfittare della loro presenza
per formarli e catechizzarli. A quella risposta mi venne spontaneo ribattere
che bisogna catechizzare quelli che non vengono nemmeno la domenica a messa e
non mortificare con le nostre parole quei pochi che ancora, chissà fino a
quando, vengono a messa.
La
messa prosegue, adesso il canto si fa stanco e più veloce. Il coro
improvvisato, vista la clandestinità, oramai perpetua, del coro ufficiale della
chiesa. È tardi e bisogna andare a cucinare. Tutto adesso procede con un ritmo
più celere, mentre i pochi bambini presenti cominciano ad essere irrequieti. Ci
si domanda: chissà perché si corre? Ma non c’è nulla da spiegare. I fedeli
sanno discernere con saggezza e gli eventi non si susseguono a caso. Ogni cosa
trova il suo equilibrio.
È
un altro giorno e come sempre preparo la credenza per la celebrazione della
messa e cerco di prepararmi spiritualmente per vivere un’altra celebrazione
eucaristica. Ogni tanto, alzo lo sguardo, contemplo i banchi della chiesa
ancora vuoti e un pensiero si fa strada: mi pare che ci sia più saggezza in
quei vecchi banchi vuoti che nelle innumerevoli parole di tante prediche.
fr. Angelo Tricomi
venerdì 29 marzo 2013
Il gemito della Madre
fr. Angelo Tricomi
1 Dal grembo alla croce la Madre stava,
l’animo
infelice, lacerato dal dolore,
per
suo Figlio sulla croce gemeva.
Piange Maria per l’orrida sciagura,
generosa
versava lacrime d’amore,
all’ora
nona anche il sole si oscura.
2 Giovane Madre, a Betlemme gioiosa,
sul
Golgota soffri al ceppo infranto,
Oh
Madre di Dio e della chiesa sposa.
Mira il volto madido del Figlio chino,
eleva
al cielo il doloroso pianto,
da sola combatti l’empio destino.
3 Il frutto dell’amore pende dalla croce,
ha
le labbra dissetate d’amaro fiele,
inerte,
lotta l’empio atroce.
Un grido straziante dal patibolo si udì,
parole
dolorose e dolci come miele
il
cuore della Madre rabbrividì,
4 “Salva
te stesso” l’insultano i passanti,
imperterrito s’accanisce il truce empio
unica tua verità, salvare gli erranti.
Le tenebre scesero, il cielo oscurò,
“tutto è compiuto”, vetusto scempio
traballa
la terra, il velo del tempio si lacerò.
5 Il corpo senza vita dalla croce è
schiodato,
Cristo scende agli inferi, avvolto nel sudario:
oh Vergine Maria il tuo animo è turbato.
Piegasti le ginocchia per la grande
umiliazione
finisti faccia a terra sul monte del calvario
dolore
atroce per l’umana condizione
6 Oh Madre! Tremendo desiderio in cuore serbi,
il suo corpo inerte, sulle ginocchia adagi
abbracci tuo Figlio, memoria degli anni acerbi.
Carezzi il viso esangue, segnato dalla
morte,
partorir vorresti e ridargli vita piena di agi,
o spirar con Lui e seguire la sua sorte.
7 Il mondo ode l’amaro pianto,
della
dolente Madre sconsolata,
e si
unisce a te Maria nel triste canto.
Il figlio è avvolto nel sudario,
un
macigno…, e la tomba è sbarrata,
empietà
atroce, l’umano scenario.
8 Oh Maria Vergine, dal cuore contristato,
sospiri singulta, più lacrime non hai,
tu
sei sostenuta dall’amore non amato.
Tu soffri mortalmente, al pari di Dio Padre
per
confortare l’uomo, più speranza dai.
Nel cuore dell’umanità, tu stai: oh Madre!
9 O Vergine Maria, Madre della tenerezza,
a
te noi ricorriamo per sostenerci nella fede
liberaci
dal male fortificaci nella debolezza.
Ascolta la preghiera di noi miseri mortali
e
ai piedi di tuo figlio ognuno chiede,
le
grazie per renderci immortali.
giovedì 28 febbraio 2013
venerdì 22 febbraio 2013
Rosa Van Jericho
Rosa Van Jericho
La Rosa di
Gerico (Selaginella lepidophylla), è una specie della famiglia delle
Selaginellacee originaria dell’ America Centrale.
Questa
pianta ha la capacità, quando vengono a mancare le condizioni per il suo
naturale sviluppo, di avvolgersi su se stessa.
I ramoscelli
si accartocciano fino a formare un globulo di colore marrone. In caso di
pioggia improvvisa, anche a distanza di molti anni dal disseccamento i
ramoscelli si svolgono completamente riacquistando il colore verde brillante.
Si tratta di
un adattamento estremo alla sopravvivenza in ambienti aridi.
Nei luoghi
d'origine la Rosa di Gericho vive durante la stagione buona vicino alle pozze
d'acqua , nel periodo secco perde tutta l'acqua disseccandosi così il vento la
spinge facendola rotolare sulla sabbia aspettando che la pioggia faccia
rivivere la pianta.
Il suo
scopritore fu Van Gericho è anche chiamata pianta della
"resurrezione".
COME FIORISCE LA ROSA DI VAN JERICHO:
Per farla
aprire bisogna immergere la pianta in acqua leggermente tiepida e poi tenerla
su un piatto fondo preoccupandosi che la pianta sia sempre a contatto
dell'acqua (almeno mezzo centimetro).
Leggere
nebulizzazioni giornaliere saranno gradite in ambienti con bassa umidità.
È opportuno
tenere la pianta ad una temperatura non al di sotto dei 15 gradi C.
Potrà essere
collocata in casa in un ambiente abbastanza luminoso e ventilato.
Quando verrà
a mancare l'acqua la pianta entrerà di nuovo in riposo vegetativo aspettando
che si ricreino le condizioni idro-climatiche.
Si consiglia
di tenere la Rosa di Van Jericho in vegetazione per periodi non più lunghi di
tre quattro giorni e di riporla dopo averla fatta completamente essiccare. Il
processo potrà essere ripetuto un numero infinito di volte. Se si lascia la
pianta aperta in vegetazione per troppi giorni la Rosa potrebbe andare incontro
a marciumi.
martedì 12 febbraio 2013
Mercoledì delle ceneri
La cenere è simbolo di ciò che è perituro e che, perciò, viene ridotto in polvere, perchè privo di valore.
Nell'AT era segno di desolazione e di lutto spargere la cenere sul capo (2 Sam 13,19), sedere sulla cenere, come Giacobbe (Gb 2,8), rotolarsi nella cenere (Ez 27,30). Davide espiò i suoi peccati nella cenere e i Niniviti, alla predicazione di Giona, si coprirono di cenere.
La cenere veniva usata nel rito della puruficazione, ma soprattutto riporta il pensiero alle parole di Dio rivolte ad Adamo: "Polvere tu sei e in polvere ritornerai" (Gn 3,19). Ciò sottolinea il castigo della morte e il nulla della creatura, plasmata con la polvere.
Nel Medio Evo i pubblici penitenti, che dovevano espiare le loro colpe e ricevere il sacramento della penitenza come un secondo battesimo, si presentavano all'inizio della Quaresima ricoperti di cenere e cilicio.
Attualmente, il Mercoledì delle ceneri, segna l'inizio della Quaresima, il sacerdote impone le ceneri sul capo dei fedeli e ripete: "Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai". Esso ha un significato di dolore, di lutto e di morte come conseguenza del peccato e della fragilità dell'uomo.
sabato 9 febbraio 2013
Poesia: Classi e potere sociale
Calassi e potere sociale
di fr. Angelo Tricomi.
L’uomo, con ferma e acuta
intelligenza,
ha inventato le classi
sociali,
prigioniero, in catene, della
sua essenza,
ha indotto persone a vivere
come animali.
Di ricchezza riveste le sue
dimore,
mentre la miseria rode ad
altri il cuore.
la tavola ricca di cibi
abbondanti
mentre bambini e donne
soffrono dolori lancinanti.
L’avidità del potere ha
accecato il cuore
mentre lentamente la sua
anima muore.
Povertà e schiavitù gridano,
un muto lamento
a cui i media, hanno il
microfono spento.
Si balbettano parole di
giustizia e di pace,
si combatte nel silenzio e si
uccide
segue l’istinto che a lui non
si addice
l’umanità piange addolorata e
non ride.
L’egoismo e la superbia
primordiale,
ancor oggi si perpetuano tale
e quale,
il peccato che l’uomo e Dio
ha separato
non ha mutato la legge del
creato.
Il misero invoca l’aiuto
soprannaturale
attende una mano tesa, dal
simile mortale
il soccorso divino
inaspettato arriverà
per rendere giustizia agli
uomini di buona volontà.
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