venerdì 16 agosto 2013

Premiazione II Ed. 2013 "La Città di Parole" Ass. La Città di Murex, Firenze.

Cari amici,
vi informo che il mio libro è stato premiato dalla Giuria nella II Edizione del Concorso di narrativa e poesia "Città di Parole", in Firenze: sia lodato Dio!
Di seguito vi giro la e.mail di comunicazione ricevuta dall'associazione organizzatrice La Città di Murex. Pace e bene!
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Gentile autore Fr. Angelo Tricomi, siamo lieti di comunicarle che il suo libro: “Il sogno di un uomo. Il sogno di Dio”, HA VINTO IL PREMIO DELLA GIURIA PER LA SEZIONE D-LIBRO EDITO DI NARRATIVA, ANNO 2013. Saremo quindi felici di poterla avere con noi il giorno della premiazione che, come ci teniamo a dire, sarà un incontro fra scrittori, così da permettervi di condividere, la genesi della vostra opera e il vostro percorso come autori. Ricordiamo che la premiazione avverrà il giorno 20 Ottobre alle ore 15.30, presso la Sala Blu dell'Hotel Croce di Malta, via della Scala, n 7, accanto a piazza S. M. Novella, a pochi passi della stazione di Firenze Centrale. Complimentandoci ancora per il suo lavoro, siamo fiduciosi nella sua gradita presenza. Cortesemente da confermare via mail. I nostri più cordiali saluti. Ass. La Città di Murex.

giovedì 20 giugno 2013

Pensieri: La saggezza dei banchi vuoti

Pensieri: La saggezza dei banchi vuoti: Da qualche giorno è scoppiata l’estate. Qui in convento, collocato a metà fiancata del Monte finestra, si sta bene. La città di Cava de...

La saggezza dei banchi vuoti



Da qualche giorno è scoppiata l’estate. Qui in convento, collocato a metà fiancata del Monte finestra, si sta bene. La città di Cava de’ Tirreni sta sotto di noi e da qui si gode un bel panorama oltre alla brezza di vento che rinfresca l’aria. Le persone che vengono dicono che giù in città l’aria è irrespirabile e che qui ci si può rilassare e godere della frescura della montagna. Infatti, se sotto di noi si può ammirare il panorama della città, con a Sud il mare e a Nord Napoli, sopra di noi si estende una lussureggiante selva che ricopre tutta la cima del monte ed emana la sua frescura.
È domenica: la porta della chiesetta è aperta, pronta ad accogliere i fedeli in cerca di conforto dal caldo e dai peccati. Nella chiesetta, dedicata alla Madonna degli Angeli, l’afa estiva non riesce a far brezza. Preparo per la celebrazione della messa e resto in attesa del sacerdote, il suo ritardo sarà certamente dovuto allo studio e alle ultime revisioni dell’omelia o della predica che ha preparato con cura e sottigliezza di parole e adesso è pronto a trasmettere, ai partecipanti, il senso della Parola di Dio che sarà a breve proclamata.
L’attesa, mi riporta alla mente le celebrazioni eucaristiche dei giorni invernali e feriali. Oltre al presidente della celebrazione, vi sono uno o due sacerdoti che concelebrano, a seconda della loro disponibilità e sono in attesa del tocco di richiamo della campana. Nell’attesa, un confratello mi chiede se la “Callas” è arrivata, io sbircio tra i banchi vuoti e poi riferisco che non è ancora arrivata e lo conforto dicendo che se la “Callas” non arriverà non ci sono problemi perché c’è “Pavarotti” che può animare la messa.
Con il nomignolo di “Callas” viene indicata un’anziana donna, consacrata, che quasi tutte le mattine è presente ed anima la messa intonando i canti con la sua vocina delicata e acuta. Quando lei non è presente, tale incarico lo assume uno dei sacerdoti che intona i canti con il suo vocione da trombetta sfiatata, cercando di dare così un tono ad una celebrazione smorta, o raccolta e intima. Se per puro caso, entrambi sono assenti, allora il rito della messa procede lineare e senza stonature.
Più che animare la messa credo sia necessario rianimarla perché oggi, quasi tutte le chiese sono vuote.
Come per misterioso incanto o per magia, quando mi viene detto di suonare la campanella, i sacerdoti entrano per dare inizio alla celebrazione, ma allo stesso tempo, dalla porta d’ingresso, entra un piccolo gruppo di donne anziane che mestamente e silenziosamente entrano e vanno ad occupare i soliti posti tra i banchi. Adesso si può iniziare. Fino a quel momento, i banchi erano vuoti e solo in piccola parte sono occupati, infatti i fedeli che vi partecipano non superano mai il numero di 15. Solo in caso particolare di trigesimo o anniversario si supera questa cifra. I giorni feriali non ci sono prediche, ma la cosa che mi colpisce è che la chiesa è quasi sempre semi vuota: sarà forse colpa dell’ora mattiniera della celebrazione?
Adesso tutto è pronto, si sente il rintocco della campana del convento che segna le ore 11,00, il sacerdote, con il capo, mi fa cenno e io suono la campanella, mentre un piccolo gruppo di fedeli, a cappella, intona il canto d’ingresso. Anche la domenica non c’è molta gente che partecipa alla messa. Sono finiti i tempi in cui le persone si accalcavano tra i banchi per trovare posto. Il sacerdote inizia, col segno della croce, la celebrazione eucaristica e prosegue fino alla lettura del Vangelo ed inizia la sua omelia, incurante della scarsa presenza di fedeli. Usa parole ricercate per esprimere concetti di alto profilo spirituale. Spesso, il sacerdote, cambia tono di voce per evitare di annoiare l’anziana donna o il bambino assonnato tra le braccia di una giovane madre. La sua omelia ha superato i tempi canonici di sette dieci minuti. Il sacerdote, mentre parla infervorato dei misteri di Dio, prende il fazzoletto dalla tasca dei pantaloni e si asciuga la fronte imperlata di sudore, mentre non da tregua alle parole che continuano a scorrere come un torrente. Io, alzo la testa e guardo verso la scarna assemblea che adesso stenta a seguire i concetti e le parole del sacerdote e mi domando: è forse per questo il motivo dei banchi vuoti?
Ancora non appagato delle sue parole, il sacerdote, impugna un libro ed esorta alla lettura quotidiana di un autore che, occasionalmente, ha scritto qualcosa inerente il tema della giornata. L’anziana donna, sgrana gli occhi, sorpresa per quella esortazione. Starà pensando ai servizi che l’aspettano e che le occuperanno tutta la giornata, e forse, starà recitando il miserere per chiedere perdono per la colpa di non poter leggere quel libro; anche il bambino, solleva il capo dal petto della madre e fissa il sacerdote che foglia il libro: pensa certamente ai suoi libri scolastici da sfogliare e dal suo sguardo si capisce che non ha nessuna voglia di prendere un altro libro da studiare ma vuole soltanto giocare. L’omelia ha superato i 20 minuti. Il sacerdote, sempre più sudato, ancora dibatte fervidamente gli ultimi concetti teologici, mentre la giovane madre abbassa il volto e porta la mano alla bocca, sta cercando di non farsi vedere mentre sta sbadigliando,poi guarda l’orologio. È tardi si starà dicendo e deve andare a casa dove è attesa dal marito che ha fame e lei deve ancora preparare qualcosa da mangiare.
Nel volto delle persone si leggono alcune domande: ma il sacerdote, quando finisce di parlare? Mentre io penso che sono meglio le celebrazioni della messa feriale, non ci sono omelia da tenere o concetti di alchimia da meditare. Ma quale corrispondenza c’è tra le parole e la carità, o forse sono solo parole sterili come quelle dei Farisei?
Una volta ho avuto l’ardire di chiedere il perché le sue omelie duravano più di quelle che il Papa pronunzia a San Pietro e mi fu risposto che: visto che i fedeli non frequentano più la chiesa, bisogna approfittare della loro presenza per formarli e catechizzarli. A quella risposta mi venne spontaneo ribattere che bisogna catechizzare quelli che non vengono nemmeno la domenica a messa e non mortificare con le nostre parole quei pochi che ancora, chissà fino a quando, vengono a messa.
La messa prosegue, adesso il canto si fa stanco e più veloce. Il coro improvvisato, vista la clandestinità, oramai perpetua, del coro ufficiale della chiesa. È tardi e bisogna andare a cucinare. Tutto adesso procede con un ritmo più celere, mentre i pochi bambini presenti cominciano ad essere irrequieti. Ci si domanda: chissà perché si corre? Ma non c’è nulla da spiegare. I fedeli sanno discernere con saggezza e gli eventi non si susseguono a caso. Ogni cosa trova il suo equilibrio.
È un altro giorno e come sempre preparo la credenza per la celebrazione della messa e cerco di prepararmi spiritualmente per vivere un’altra celebrazione eucaristica. Ogni tanto, alzo lo sguardo, contemplo i banchi della chiesa ancora vuoti e un pensiero si fa strada: mi pare che ci sia più saggezza in quei vecchi banchi vuoti che nelle innumerevoli parole di tante prediche.
                                                   
                                                                                                            fr. Angelo Tricomi

venerdì 29 marzo 2013

Il gemito della Madre



fr. Angelo Tricomi
1        Dal grembo alla croce la Madre stava,
l’animo infelice, lacerato dal dolore,
per suo Figlio sulla croce gemeva.
Piange Maria per l’orrida sciagura,
generosa versava lacrime d’amore,
all’ora nona anche il sole si oscura.
2        Giovane Madre, a Betlemme gioiosa,
sul Golgota soffri al ceppo infranto,
Oh Madre di Dio e della chiesa sposa.
Mira il volto madido del Figlio chino,
eleva al cielo il doloroso pianto,
da sola combatti l’empio destino.
3        Il frutto dell’amore pende dalla croce,
ha le labbra dissetate d’amaro fiele,
inerte, lotta l’empio atroce.
Un grido straziante dal patibolo si udì,
parole dolorose e dolci come miele
il cuore della Madre rabbrividì,
4        Salva te stesso” l’insultano i passanti,
         imperterrito s’accanisce il truce empio
         unica tua verità, salvare gli erranti.
Le tenebre scesero, il cielo oscurò,
tutto è compiuto”, vetusto scempio
traballa la terra, il velo del tempio si lacerò.
5        Il corpo senza vita dalla croce è schiodato,
         Cristo scende agli inferi, avvolto nel sudario:
         oh Vergine Maria il tuo animo è turbato.
         Piegasti le ginocchia per la grande umiliazione
         finisti faccia a terra sul monte del calvario
dolore atroce per l’umana condizione
6        Oh Madre! Tremendo desiderio in cuore serbi,
         il suo corpo inerte, sulle ginocchia adagi
         abbracci tuo Figlio, memoria degli anni acerbi.
         Carezzi il viso esangue, segnato dalla morte,
         partorir vorresti e ridargli vita piena di agi,
         o spirar con Lui e seguire la sua sorte.
7        Il mondo ode l’amaro pianto,
della dolente Madre sconsolata,
e si unisce a te Maria nel triste canto.
Il figlio è avvolto nel sudario,
un macigno…, e la tomba è sbarrata,
empietà atroce, l’umano scenario.
8        Oh Maria Vergine, dal cuore contristato,
         sospiri singulta, più lacrime non hai,
tu sei sostenuta dall’amore non amato.
Tu soffri mortalmente, al pari di Dio Padre
per confortare l’uomo, più speranza dai.
         Nel cuore dell’umanità, tu stai: oh Madre!
9        O Vergine Maria, Madre della tenerezza,
a te noi ricorriamo per sostenerci nella fede
liberaci dal male fortificaci nella debolezza.

Ascolta la preghiera di noi miseri mortali
e ai piedi di tuo figlio ognuno chiede,
le grazie per renderci immortali.

venerdì 22 febbraio 2013

Rosa Van Jericho



Rosa Van Jericho
La Rosa di Gerico (Selaginella lepidophylla), è una specie della famiglia delle Selaginellacee originaria dell’ America Centrale.
Questa pianta ha la capacità, quando vengono a mancare le condizioni per il suo naturale sviluppo, di avvolgersi su se stessa.
I ramoscelli si accartocciano fino a formare un globulo di colore marrone. In caso di pioggia improvvisa, anche a distanza di molti anni dal disseccamento i ramoscelli si svolgono completamente riacquistando il colore verde brillante.
Si tratta di un adattamento estremo alla sopravvivenza in ambienti aridi.
Nei luoghi d'origine la Rosa di Gericho vive durante la stagione buona vicino alle pozze d'acqua , nel periodo secco perde tutta l'acqua disseccandosi così il vento la spinge facendola rotolare sulla sabbia aspettando che la pioggia faccia rivivere la pianta.
Il suo scopritore fu Van Gericho è anche chiamata pianta della "resurrezione".
COME FIORISCE LA ROSA DI VAN JERICHO:
Per farla aprire bisogna immergere la pianta in acqua leggermente tiepida e poi tenerla su un piatto fondo preoccupandosi che la pianta sia sempre a contatto dell'acqua (almeno mezzo centimetro).
Leggere nebulizzazioni giornaliere saranno gradite in ambienti con bassa umidità.
È opportuno tenere la pianta ad una temperatura non al di sotto dei 15 gradi C.
Potrà essere collocata in casa in un ambiente abbastanza luminoso e ventilato.
Quando verrà a mancare l'acqua la pianta entrerà di nuovo in riposo vegetativo aspettando che si ricreino le condizioni idro-climatiche.
Si consiglia di tenere la Rosa di Van Jericho in vegetazione per periodi non più lunghi di tre quattro giorni e di riporla dopo averla fatta completamente essiccare. Il processo potrà essere ripetuto un numero infinito di volte. Se si lascia la pianta aperta in vegetazione per troppi giorni la Rosa potrebbe andare incontro a marciumi.

martedì 12 febbraio 2013

Mercoledì delle ceneri

La cenere è simbolo di ciò che è perituro e che, perciò, viene ridotto in polvere, perchè privo di valore.
Nell'AT era segno di desolazione e di lutto spargere la cenere sul capo (2 Sam 13,19), sedere sulla cenere, come Giacobbe (Gb 2,8), rotolarsi nella cenere (Ez 27,30). Davide espiò i suoi peccati nella cenere e i Niniviti, alla predicazione di Giona, si coprirono di cenere.
La cenere veniva usata nel rito della puruficazione, ma soprattutto riporta il pensiero alle parole di Dio rivolte ad Adamo: "Polvere tu sei e in polvere ritornerai" (Gn 3,19). Ciò sottolinea il castigo della morte e il nulla della creatura, plasmata con la polvere.
Nel Medio Evo i pubblici penitenti, che dovevano espiare le loro colpe e ricevere il sacramento della penitenza come un secondo battesimo, si presentavano all'inizio della Quaresima ricoperti di cenere e cilicio.
Attualmente, il Mercoledì delle ceneri, segna l'inizio della Quaresima, il sacerdote impone le ceneri sul capo dei fedeli e ripete: "Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai". Esso ha un significato di dolore, di lutto e di morte come conseguenza del peccato e della fragilità dell'uomo.

sabato 9 febbraio 2013

Poesia: Classi e potere sociale



Calassi e potere sociale
di fr. Angelo Tricomi.

L’uomo, con ferma e acuta intelligenza,
ha inventato le classi sociali,
prigioniero, in catene, della sua essenza,
ha indotto persone a vivere come animali.

Di ricchezza riveste le sue dimore,
mentre la miseria rode ad altri il cuore.
la tavola ricca di cibi abbondanti
mentre bambini e donne soffrono dolori lancinanti.

L’avidità del potere ha accecato il cuore
mentre lentamente la sua anima muore.
Povertà e schiavitù gridano, un muto lamento
a cui i media, hanno il microfono spento.

Si balbettano parole di giustizia e di pace,
si combatte nel silenzio e si uccide
segue l’istinto che a lui non si addice
l’umanità piange addolorata e non ride.

L’egoismo e la superbia primordiale,
ancor oggi si perpetuano tale e quale,
il peccato che l’uomo e Dio ha separato
non ha mutato la legge del creato.

Il misero invoca l’aiuto soprannaturale
attende una mano tesa, dal simile mortale
il soccorso divino inaspettato arriverà
per rendere giustizia agli uomini di buona volontà.